A
fine giugno dello scorso anno un ragazzo maliano, Noa, muore annegato per un
banale incidente in mare. Lui che aveva traversato i mari di sabbia e i mari
delle boat-people, incontra la morte in quel mare che era stato la grande pista
della speranza. Viveva in una delle comunità di accoglienza del territorio, la
Esedra di Triggiano.
L'insegna-motto sulla facciata della sede di Esedra, a Triggiano |
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DALLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO IL 29 GIUGNO 2012
Il sorriso di Noa era solare. Come se il sole
accecante che cuoce la terra e le facce della gente del Mali si fosse
concentrato sul suo volto, avesse donato ai suoi denti un candore smagliante.
“Lui era speciale”, dice Stefania Palermo, trattenendo a stento le lacrime. La
referente delle comunità gestite dalla cooperativa Esedra prosegue: “Avrebbe
compiuto diciott’anni a gennaio. Aveva tutta una vita davanti a sé. Aveva una
gran voglia di studiare e poi voleva lavorare. Alla scuola media Di Zonno
frequentava i corsi di alfabetizzazione per stranieri. Rispetto agli altri era
parecchio avanti nell'apprendimento dell’italiano”. Quand’era arrivato,
nell’estate 2011, giusto un anno fa, parlava il bambarà – dialetto della terra
di provenienza -, un po’ di arabo e un po’ di francese.
Noa Traorè era venuto dal mare. Quel mare che aveva
visto per la prima volta (il ragazzo viveva in un villaggio al centro del Paese
africano, nei pressi del Niger, il fiume dove aveva imparato a nuotare, non
distante da Timbouctou) sulla spiaggia della Libia: gli scafisti l’avevano
spinto sul barcone. Destinazione Paradiso (per loro). Più semplicemente,
Lampedusa. Quel mare che in pochi mesi era diventato la sua vita tra l’isola al
largo della Sicilia e Palese. Quel mare che l’altroieri l’ha inghiottito mentre
giocava con un coetaneo, a Savelletri. Spiega Vito Del Medico, responsabile
gestionale di Esedra: “I ragazzi escono spesso per delle escursioni o
piccole gite. Fanno parte del percorso. Sono seguiti dagli accompagnatori. È
una tragedia inspiegabile. Davvero una fatalità”.
Ieri mattina il pullman di 54 posti non bastava per
portare i ragazzi di questa e altre comunità sul luogo del dramma. Tutti
volevano vedere, tutti volevano partecipare. Tutti volevano chiedere a quel
mare così tranquillo perché aveva voluto la vita del loro compagno che l’altro
mare, quello cattivo tra il Nordafrica e la Sicilia, aveva spinto verso una
nuova speranza.
Ottenuto il nulla-osta dall’Ambiasciata del Mali, la
salma – spiegano alla Esedra – sarà restituita alla famiglia. “Grazie a un
mediatore linguistico – aggiunge Stefania – ho parlato con il padre”.
Fatalista, è sembrato, il genitore. Forse semplicemente incapace di esprimere
il dolore sordo di quella ferita che arrivava da così lontano.
La Esedra gestisce tre residenze per immigrati, in
convenzione con il comune di Bari: una a Triggiano, due lungo la provinciale
che da Noicattaro porta a Torre a Mare. Noa viveva, con altri otto adolescenti,
nel palazzotto in pieno centro a Triggiano, quello che sulla facciata ha un
rosone enorme, un grande sole con la scritta ‘lo siamo per passione’. Più che
uno slogan, un modo di essere. In questo momento la cooperativa ha in carico
poco più di trenta ragazzi. Ma i suoi servizi sono molteplici, tanto che dà
lavoro a oltre centocinquanta persone, tra operatori, amministrativi e
collaboratori.
Dopo i diciott’anni Noa cos’avrebbe fatto? “Quello
che fanno un po’ tutti, dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno – dice
Vito Del Medico -: lavorare. Ci sono borse lavoro, progetti per sviluppare
le capacità autonome, che sono la prosecuzione dei progetti educativi individualizzati
che avviamo nei nostri centri con équipe multidisciplinari e mediatori
linguistici e psicologici”.
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