lunedì 24 giugno 2013

I POETI / UNO

Lo chiamerò Lillo. Alle due e un quarto, era praticamente la contr'ora, faceva il caldo che fa a fine giugno. Mi sono sentito chiamare: "ragionij". L'ho sentito, ma ho fatto finta di niente. Anche perché - non me ne voglia chi ha tale qualifica - odio sentirmi appellare "geometra" o "ragioniere". Poi sento un nitido "giornalì". Beh, mi ha fregato, penso. Ciancia la solita tiritera: te la regalo, vedi di pubblicarla, sennò fanne quello che vuoi. Me la lancia dal balcone. Gli dico di piegarla più volte, altrimenti vola.
E' un foglio di protocollo a righe. Sopra c'è scritta una poesia.
Lillo è un tipo strano. Anzi, strambo. Ma innocuo. Anzi, innocente. Candido. Da anni vive sul confine. Quella linea rossa che demarca il territorio della gente normale (che poi saremmo noi, tutti o quasi tutti) dal regno della anomalia. Prima faceva il cameriere a Londra. Poi il cervello ha galoppato in groppa ad un cavallo ed ha fatto un viaggio sulla luna.
La vena poetica attinge alla fonte del padre, poeta e calzolaio. Un ciabattino che scrive poesie. Sarebbe piaciuto a De Andrè. Faber, poeta degli ultimi, avrebbe scritto una canzone dedicata a uno degli ultimi.
La POESIA di Lillo s'intitola La Risurrezione di Gesù al cielo: Gesù risorge / con tutti gli angeli del Paradiso / Con il suo infinito sorriso / Conferma il paradiso / a tutta l'umanità. / E la sua presenza è infinita felicità.
Poi, si firma con il suo lunghissimo nome, appellandosi "poeta cristiano".
Lirica di struggente candore. Pressoché inconsistente. Le sue note stanno sul pentagramma della banalità. Ma - ne sono convinto - piacerebbero, specie quel Gesù che sorride, a Francesco. Sì, proprio a lui, al papa semplice, a padre Bergoglio.

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