i'm sorry 




E ci sono le luminarie (sono sempre migliori quelle di Rutigliano, per non dire di quelle leceesi, non c'è paragone). E ci sono i palloni aerostatici: ma ce l'ha l'autorizzazione quel mezzo folle che però è simpatico, bestemmia sempre "lo spirito denaturato". E ci sono le giostre: sì, però sono diventate care, ma perché le mettono così lontane, ci sono tanti posti, e i biglietti, io quest'anno li ho avuti, sì ma i politici le danno sempre a chi vogliono loro, amici, parenti e elettori, però quest'altr'anno denuncio tutti, vado ai carabinieri, al prefetto, all'opposizione, ne farò parlare in consiglio comunale. E ci sono le bancarelle: sì, ma quanti abusivi, e i vigili dove sono?, e qui non si può neppure passare, ma quanta gente, sembra di stare alla Osciàn, sì ma io non ci vado mai, ecchecos'è tutta quella gente, mi dà un fastidio, mi fa venire il mal di testa, e poi non è vero che si risparmia, il dash io lo pago la metà. E ci sono i fuochi d'artificio: ma vuoi mettere quelli musicali?, sì ma a questa festa non ci sono mai i soldi, eppure arrivano dall'America, dal Canadà, dalla Germania, sì ma i commercianti non mettono mai niente, loro voglio solo guadagnare, ma mai che mettono cento euro ciascuno per far venire un cantante. E poi ci sono i cantanti: ah, il cantante c'è?, ma per forza, l'ha messo la provincia, il comune c'ha i soldi solo per fare la cultura e il jazz, i libri che conoscono solo loro e i giochi dove stanno solo loro, ah, la cantante è importante?, sì, ma a Rutigliano viene Fiorella Mannoia, vuoi mettere? E ci sono i provoloni appesi: sì, ma vte li ricordi quelli di Seriuccio, di Giggino e di Ninuccio, quelli sì che erano panini, non quelli di gomma di ora. E ci sono i foconi, con il profumo inebriante degli involtini alla brace (e su questo c'è poco da dire: non ci si lamenta nemmeno del fumo intenso, tant'è saporoso e portatore del gusto della festa).
Qualche anno fa m'imbattei, in una strada dello stesso paese, sempre negli stessi giorni di festa, in un altro venditore. Ben più modesto. Lui aveva esposto la mercanzia sul gradino dell'uscio di casa. Non aveva ceduto a volontà allusive e pruriginose. Aveva chiamato i frutti del carrubo, carrube. E non "corn" come il dialetto suggerisce e per certi versi impone. Il commerciante improvvisato qualche mese fa se n'è andato per sempre. In silenzio, modestamente, come aveva sempre vissuto. Era un ometto di nemmeno un metro e sessanta. Ma ogni anno mi ricordava che c'era la festa che s'appressava: le sue carrube esposte sul marciapiedi erano più di un manifesto, erano un avviso pubblico che se Leopardi avesse avuto modo di vedere, gli avrebbe dedicato una strofa, anche un solo rigo, nel suo straordinario Sabato del villaggio.

Di recente restaurata, la cattedrale di Conversano è uno dei capolavori del romanico in Puglia. Qualche sera fa, in occasione delle manifestazioni per San Rocco (che i conversanesi, confermando la grande attenzione al marketing e alla costruzione dell'evento hanno chiamato San Rocco in Contea), ho visitato la chiesa dedicata all'Assunta.
Splendido edificio, spoglio e austero come si conviene alle costruzioni erette in quel periodo. La maestosità mette quasi soggezione e sicuramente era proprio uno degli obiettivi dei mastri costruttori dell'epoca: il potere ultraterreno di Diopadre e il potere terreno della chiesa trovano il punto d'incontro tra quelle pietre e quei segni. Il pulpito nella sua bellezza intrigante, inquietante e quasi minaccioso ne è un chiaro paradigma.
L'Osservatore Romano non è un giornale facile. Giovanni Battista Montini, quand'era arcivescovo di Milano, nel 1961, in occasione del centenario del quotidiano, scrisse che "L'Osservatore è un giornale di idee. Non è come moltissimi altri, un semplice organo di informazione; vuol essere, e credo sia, principalmente di formazione. Non vuole soltanto dare notizie. Vuole creare pensieri".![]()  | 
| Su e-bay il giornale  che annuncia la morte  di Giovanni Paolo II viene venduto a 17 euro  | 
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| Le copie dell'Osservatore Romano con l'annuncio della elezione di Papa Francesco saranno distribuite durante la festa della Madonna del Pozzo, a Capurso, su iniziativa di Vito Grittani  | 

Su un giornale locale lessi qualche tempo fa un po' di storie a proposito del servizio postale a Capurso. Interessanti vicende del tempo che furono. L'invenzione dell'home banking e la diffusione della telematica applicata alle comunicazioni, mi tengono lontano da un luogo che ho frequentato a lungo per molti anni. Per anni sono stato titolare della casella postale 10. Qui trovavo (a volte sì, a volte no) la mia copia della Gazzetta. Qui, i pensionati, per anni, cominciavano a far coda il giorno della pensione, dalle quattro del mattino. A volte litigando, a volte raccontandosi fatti, a volte imprecando contro il governo e il comune. Così, tanto per mostrare che erano vivi. Chiesi un giorno a uno di loro - mi pare si chiamasse Luigi - il perché non aspettassero qualche giorno per prendere la pensione senza code oppure non se la facessero domiciliare sul conto corrente: no, figlio - rispose Michele in dialetto -: perché se io nel frattempo me ne vado allo scaricaturo, la pensione se la deve riprendere la previdenza sociale? Meglio che se la godono i figli miei. Qualche volta fanno i mascalzoni, un nipote è un po' magabbond, ma gli voglio bene. Meglio che se le prendono loro quelle quattro lire che ci danno.
Sono tornato all'ufficio postale - furono costruiti sul finire degli anni Ottanta, tutti uguali. Spettacolo osceno. L'area all'esterno non viene pulita da non so quanti mesi: aghi di pino rinsecchiti dappertutto, a formare una coltre scivolosa e fastidiosa. Cartacce e sporcizia in ogni angolo: il vento dei giorni scorsi s'è divertito a mulinare i rifiuti. Anche l'interno dell'ufficio non mostra un panorama diverso: dappertutto, sul pavimento, fanno bella mostra di sé i tagliandi con i numeri salvacode. Qualcuno si lamenta a voce alta della lentezza degli impiegati, qualcun altro protesta per gli interessi troppo bassi. In alto, su una specie di scaffale, sono esposti libri best-seller, prodotti vari, persino giocattoli. Si possono acquistare a rate telefoni e tablet. Tutto dà l'idea di essere confuso, sporco, disordinato. Gli impiegati - ne sono convinto, ne conosco qualcuno - soffrono anch'essi.
Il Titon è uno dei ristoranti più noti e antichi di
Cesenatico, che propone una cucina tradizionale di mare con qualche moderata
innovazione.  Ubicato in un’antica
palazzina del seicento, è frequentato da una clientela alla ricerca di
tranquillità in un ambiente familiare ma dove la professionalità in cucina è
molto alta e le materie prime utilizzate sono di primissima scelta. Si affaccia
sul porto canale di Cesenatico, uno dei luoghi più frequentati della nota località
balneare adriatica e, con un conto medio di circa 35/37 euro, permette di
assaporare un pasto tutto a base di ottimo pesce locale cucinato dal bravo chef
Claudio Malpezzi, dai solidi studi alberghieri e che annovera un’importante
esperienza a Cannes presso lo chef Roger Vergè. 

Le ho fotografate come sempre con il mio multifunzione Blackberry. Le foto, come di consueto, non sono un granché. Ma testimoniano del fascino irresistibile che questi ed altri monumenti tranesi e pugliesi più in generale sprigionano. E quindi le offro unicamente come spunto per una riflessione su quanto di bello gli uomini sono riusciti a costruire, e magari per ulteriori ricerche, iconografiche, storiche e architettoniche che su Trani si possono fare. Magari prendendo spunto da wikipedia, per poi passare a testi più specifici.![]()  | 
| Vito Tisci e, alla sua sinistra, Carlo Tavecchio, numero uno della Lega dilettanti e vice di Abete in Federcalcio  | 
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| La presentazione di Calici di stelle, a Trani. A destra, l'assessore regionale Fabrizio Nardoni e il sindaco Luigi Nicola Riserbato  | 
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| Giovanni Addante alle prese con il suo padellone. Sulle note di Fabrizio De Andrè offerte da Pasquale Guerra, ha preparato cavatelli ai frutti di mare e ceci per oltre cento persone  | 
A San Vito, borgo marinaro pochi chilometri prima di Polignano a Mare, si è svolta la sagra "Il ballo di San Vito". Posto suggestivo. Tra il mare e i campi di ortaggi (questa è terra che produce ottime carote) c'è una suggestiva costruzione, l'abbazia (http://www.polignanoamare.com/it/da-vedere/labbazia-di-san-vito-008.html). Scenografia unica per il concerto di un gruppo di cui non ricordo il nome. E che tuttavia, non ha offerto la solita pizzica in tutte le salse. Ma ha consentito di fare un viaggio dal Salento alla Transilvania, dai cieli d'Irlanda alla Puszta ungherese, passando per la musicalità partenopea.
Turi produce ciliegie e percoche. La sagra dedicata alla particolare pesca non era in grado di suscitare particolari interessi. C'erano stand che propinavano arancini siciliani e sfogliatelle napoletane, tutt'altro che squisite. Ci sono casi in cui municipi, associazioni e piccoli imprenditori pare siano quasi costretti ad organizzare sagre. La stessa Turi, per esempio, già preannuncia (starei per dire minaccia, se il tono è quello dell'altra sera) la sagra dei "tronere" (braciole di carne) e della faldacchea (http://www.youtube.com/watch?v=_-9fLCeXT5Y). (noterella a latere: le percoche acquistate erano insipide; non capisco come sia possibile vendere pessime percoche alla sagra a questo meraviglioso frutto dedicata).
| In un montaggio, Nicola Turi, a destra, in presa alta, ai tempi del Monopoli, e Gabriele, a sinistra  | 
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| Davide Lubes è in piedi, a destra, in posa con ragazzini e colleghi della scuola calcio sul campo di Shuya, nei pressi di Ivanovo, in Russia  | 
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| Salvatore "Titti" D'Alesio | 
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| Ninni Gemmato |